Guido Gazzilli romano classe 1983.  Freschissimo vincitore di Fotoleggendo 2010.  Dopo il diploma allo IED inizia a girare l’Europa lavorando sulla realtà della  musica indipendente e sulla sua sottocultura. Ha all’attivo diverse pubblicazioni su i  maggiori magazine italiani e stranieri. In questo momento sta lavorando ad alcuni progetti a sfondo sociale. Collabora con l’agenzia  7min.
1) Prima domanda d’obbligo. Il tuo lavoro vincitore a Fotoleggendo 2010 ha scatenato un vivace e interessante dibattito sul nostro blog. Sò che eri tra i lettori. Da i nostri lettori “Fisnik” è stato definito in molti modi differenti, direi che adesso è il tuo turno di raccontarci “Fisnik”.
Sono partito per il Kosovo con l’idea di non dare a priori una direzione definita al progetto fotografico. Volevo piuttosto capire ciò che poteva aver vissuto un mio coetaneo ed il disagio al quale tuttora si confronta. Volevo rendere questa realtà attraverso il mio sguardo, senza per forza evocare il dramma passato ma in un’atmosfera amichevole.Il percorso non ha un etichetta precisa e non vuole cadere nella trappola della semplicità o nell’etica del fotogiornalismo purista, nelle quali non mi identifico, ma cerca esclusivamente di trasmettere e di lasciar immaginare le mie sensazioni, il mio rapporto con questa persona, i momenti vissuti insieme, in uno spazio/tempo dove i nostri stati d’animo fanno da portavoce agli altri personaggi.La sola condivisione del tempo e il trascorrerlo scevro da pretese è ciò che la narrazione vuole esprimere.
2) Sei del 1983 possiamo definirti un giovane fotografo o un fotografo della nuova generazione. Secondo la tua esperienza e secondo quello che vivi tutti i giorni quali sono le caratteristiche di un fotografo nel 2010?
Onestamente non so quali caratteristiche dovrebbe avere un fotografo di questi tempi. Non seguo uno standard o un’icona precisa, ma per fortuna in questo momento di grande boom della fotografia abbiamo il lusso generazionale di poter essere e di rivendicarci in tanti modi diversi. Abbiamo una libertà di azione della quale non tutti forse hanno realmente coscienza. Grazie a internet si possono intraprendere tante strade e raggiungere il pubblico senza troppe perdite di tempo, ognuno di noi al giorno d’oggi anche con un cellulare può essere un fotografo, ma ciò non significa che debba per forza omologarsi agli altri.
3) Credi che il linguaggio fotogiornalistico si stia evolvendo rispetto ad alcuni anni fà? Stanno cambiando i canoni stilistici del fotoreportage?
Credo che la forte crisi che ha colpito l’editoria abbia modificato i contenuti del fotogiornalismo. Le immagini si somigliano sempre di più le une alle altre. Esiste una difficoltà vera per chi vuole approfondire delle tematiche, perché i tempi e i budget ristretti portano inevitabilmente ad un impoverimento del valore di informazione che il fotogiornalismo aveva in passato.Al tempo stesso, questa situazione mette qualsiasi fotografo di fronte all’esigenza ed alla necessità di pensare un proprio linguaggio. La tecnica non è un più un valore, ma un mezzo per raggiungere un determinato scopo narrativo. Ne parlavo qualche tempo fa’ con un amico e pensavamo al lavoro ed al valore che la fotografia hanno per Hamish Fulton, quando dice che “la mia forma d’arte è il viaggio fatto a piedi nel paesaggio… La sola cosa che dobbiamo prendere da un paesaggio sono delle fotografie. La sola cosa che ci dobbiamo lasciare sono le tracce dei passi”. Anche se diversa rispetto al passato, la sua concezione del reportage non mi sembra perdere il proprio valore politico.
4) In una recente intervista di Michele Smargiassi a Roberto Koch si parlava di come il fotogiornalismo si stia evolvendo, di come i media tradizionali stiano perdendo la loro funzione di selezione dei lavori, ma molto spesso i reportage vengono prima premiati e poi pubblicati. Cosa ne pensi?
Che se il sistema adesso gira così, non significa per forza che prima si stava meglio. Fai un lavoro, proponilo, difendilo e miglioralo. I premi servono a questo: a dare un aiuto economico ed un riconoscimento ad una generazione di fotografi che non può più contare sugli editori come qualche decennio fa’.
5) Progetti per il futuro?
Vorrei continuare a dare la mia attenzione a delle storie di giovani che vivono in situazioni di emarginazione e di difficoltà, descrivendo i loro sforzi per sopravvivere in paesi che hanno attraversato o attraversano dei conflitti.

Fisnik (c) Guido Gazzilli
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