Vincitore della settima edizione del Premio Ponchielli: Andrea Di Martino con il progetto “La messa è finita. La rinascita delle chiese sconsacrate in italia”.
Di Martino indaga luoghi che un tempo erano sacri e che oggi sono adibiti a nuovi e sorprendenti usi. Racconta cambiamenti avvenuti in un passato recente, dove gli spazi sono costretti a mutare in maniera repentina a seconda di esigenze sociali ed economiche sempre diverse. Nella totale assenza di figure umane, questi luoghi riescono a raccontare loro stessi, la propria memoria e, indirettamente, anche la presenza di chi oggi li abita e li ri-plasma. Di Martino ha saputo coniugare un raffinato utilizzo dello stile documentario a un’approfondita ricerca giornalistica.
Prima menzione a Simone Donati per il progetto “Welcome to Berlusconistan”.
Da un paio d’anni Donati ha deciso di investigare il mondo che ruota attorno al Popolo delle Libertà, interessato soprattutto alle relazioni che uniscono il leader del partito ai suoi sostenitori. La sua analisi propone ritratti e testimonianze giornalistiche, senza forzature stilistiche e con grande rispetto per la realtà sulla quale lavora.
Seconda menzione a Daniele Dainelli per il progetto “Rural China”
Viaggiando nelle campagne cinesi, piagate da miseria e arretratezza, Dainelli viene colpito dalla sensazione di abbandono, dall’assenza fra le popolazioni di una generazione di mezzo. Decide quindi di narrare le sue sensazioni attraverso gli oggetti, poveri, dalle superfici sporche e polverose, ma intrisi di un valore inestimabile: quello di una vita vissuta. Con una raffinata tecnica vicina allo still-life, Dainelli racconta un mondo che sta scomparendo.
Menzione del pubblico al progetto di Riccardo Venturi “Haiti Aftermath”, un grande reportage realizzato nei giorni immediatamente successivi alla tragedia di Haiti.
Libro dell’anno (scelto tra volumi del 2008 e 2009): “Dedicated to women of Kyjov ” di Miroslav Tichy, edizioni Walther Konig – Cologne.
Una storia avvincente di questo fotografo nato in Repubblica Ceca nel 1926, pittore uscito dall’Accademia di Belle Arti di Praga ma poi rinchiuso in ospedali psichiatrici dal regime e poi scoperto dal mondo dell’arte e da Harald Szeemann che lo espone con una mostra di fotografie nel 2004 alla Biennale di Siviglia. Miroslav vive come un barbone e le foto che realizza sono scattate con macchine fotografiche stravaganti fatte in casa con scatole da scarpe e lenti di recupero, pezzi di plexiglass:Ritrae uomini e donne colti con occhio indiscreto per lo più ignari di essere ripresi. Considerato un maestro della fotografia è stato esposto l’anno scorso a Parigi al C. Pompidou e quest’anno all’ICP di New York.