La macchina fotografica è per me un blocco di schizzi, lo strumento dell’intuito e della spontaneità, il detentore dell’attimo che, in termini visivi, interroga e decide nello stesso tempo. Per “significare” il mondo, bisogna sentirsi coinvolto in ciò che si inquadra nel mirino. Questo atteggiamento esige concentrazione, sensibilità, senso geometrico. E’ attraverso un’economia di mezzi e soprattutto l’abnegazione di sé che si raggiunge la semplicità espressiva.
Fotografare è trattenere il respiro quando tutte le nostre facoltà convergono per captare la realtà fugace; a questo punto l’immagine catturata diventa una grande gioia fisica e intellettuale.
Fotografare è riconoscere nello stesso istante e in una frazione di secondo un evento e il rigoroso assetto delle forme percepite con lo sguardo che esprimono e significano tale evento. E’ porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore. E’ un modo di vivere.
La “tecnica è importante solo se riesci a controllarla al fine di comunicare quello che vedi. La tua personale tecnica” devi creartela e adattarla all’unico fine di rendere la tua visione evidente sulla pellicola. Ma solo il risultato conta, e la prova conclusiva è data dalla stampa fotografica; altrimenti non ci può essere un limite agli scatti che, secondo i fotografi, si avvicinerebbero a ciò che stavano per afferrare – e che non è altro che la memoria nell’occhio della nostalgia.
Il tempo corre e fluisce e solo la nostra morte riesce ad afferrarlo. la fotografia è una mannaia che coglie nell’eternità l’istante che l’ha abbagliata.
Tratto da ”I Grandi Fotografi – Testimonianze e visioni del nostro tempo” Magnum Photos – Edizioni Hachette