Si chiama Chris Rain ed è nato a Roma nel 1984 il primo classificato per il premio portfolio Fotoleggendo 2009 con il lavoro “I’m the snow” 16 scatti in bianco e nero.
” Chris ha iniziato in completa autonomia, prediligendo fin da subito le fotocamere a pellicola e soprattutto i processi di sviluppo e stampa in camera oscura, luogo di sperimentazione e ricerca stilistica. Le sue immagini prendono forma da una profonda analisi introspettiva nei meandri dei ricordi persistenti al fascino dell’ oblio, attraversando poi infiniti corridoi che straripano di parole e visioni sinestetiche. Aleggia ovunque un atmosfera dilaniata da incursioni melodrammatiche dove il leitmotiv è una sorta di vago disinteresse da quella che è la dimensione spazio-temporale della realtà, come se gli strati che la compongono fossero disgregati per poi essere ricomposti secondo un processo sottrattivo caotico e privo di etica, che genera note disambigue ma allo stesso tempo concede la più totale libera inter-pretazione a ciò che i sensi possono percepire. Le inflessioni della voce edificano un regno esistenziale, crocevia di ombre e giganti, dove i protagonisti, non importa chi essi siano, conducono un incessante fuga da qualcosa, lungo un paradossale bilico tra la paura e il desiderio di affermarsi. Inconsapevolmente vuole dichiarare che è proprio la condizione dell’ ignoto a creare una sconfinata libidine mentale nell’ individuo, allo stesso modo di un viaggio dove si va alla deriva senza che accada nulla, incuranti di raggiungere una precisa destinazione. A questo intento si contrappone una metafora della tragica condizione dell’ uomo che, ormai assuefatto dalla sua effimera ed edonistica collezione di nulla, resterà sempre un prigioniero che non si rende conto di esserlo, ripiegato su se stesso all’ interno di pa-lazzi serializzati e città di polvere ammantate vigliac-camente dal loro sottile velo di civiltà.
Il silenzio, letterario o figurativo, è assordante. Lo stato di inquietudine che ne consegue costringe a compensare l’ esperienza vissuta con quella solo immaginata, scambiare vicendevolmente i loro ruoli fino a far sfumare quel divario in mondi artificiali dentro i quali sparire.
More info on: www.chrisrain.com
Chris Rain: primo classificato premio Portfolio Fotoleggendo 2009
Ha iniziato in completa autonomia, prediligendo fin da subito le fotocamere a pellicola e soprattutto i processi di sviluppo e stampa in camera oscura, luogo di sperimentazione e ricerca stilistica.
Le sue immagini prendono forma da una profonda analisi introspettiva nei meandri dei ricordi persistenti al fascino dell’ oblio, attraversando poi infiniti corridoi che straripano di parole e visioni sinestetiche.
Aleggia ovunque un atmosfera dilaniata da incursioni melodrammatiche dove il leitmotiv è una sorta di vago disinteresse da quella che è la dimensione spazio-temporale della realtà, come se gli strati che la compongono fossero disgregati per poi essere ricomposti secondo un processo sottrattivo caotico e privo di etica, che genera note disambigue ma allo stesso tempo concede la più totale libera inter-pretazione a ciò che i sensi possono percepire. Le inflessioni della voce edificano un regno esistenziale, crocevia di ombre e giganti, dove i protagonisti, non importa chi essi siano, conducono un incessante fuga da qualcosa, lungo un paradossale bilico tra la paura e il desiderio di affermarsi. Inconsapevolmente vuole dichiarare che è proprio la condizione dell’ ignoto a creare una sconfinata libidine mentale nell’ individuo, allo stesso modo di un viaggio dove si va alla deriva senza che accada nulla, incuranti di raggiungere una precisa destinazione.
A questo intento si contrappone una metafora della tragica condizione dell’ uomo che, ormai assuefatto dalla sua effimera ed edonistica collezione di nulla, resterà sempre un prigioniero che non si rende conto di esserlo, ripiegato su se stesso all’ interno di pa-lazzi serializzati e città di polvere ammantate vigliac-camente dal loro sottile velo di civiltà.
Il silenzio, letterario o figurativo, è assordante.
Lo stato di inquietudine che ne consegue costringe a compensare l’ esperienza vissuta con quella solo immaginata, scambiare vicendevolmente i loro ruoli fino a far sfumare quel divario in mondi artificiali dentro i quali sparire.