Alessandro Ciccarelli e Danilo Palmisano fanno parte del progetto fotografio “Monkey Photo”, un collettivo fotografico a 4 mani che si occupa di reportage sociali e d’inchiesta. Tra i lavori relaizzati quello sui checkpoint in Palestina, di Alessandro, che ha ricevuto diverse menzioni e i premi “Ascanio Raffaele Ciriello” e “Vie di fuga” nel 2006.

Qui di seguito pubblichiamo il reportage realizzato nel 2007 in Bosnia Erzegovina, “The Women and the memory”, incentrato sulle cicatrici che la storia di Srebrenica lascia ancora oggi, a più di dieci anni dalla pulizia etnica. Il testo seguente, introduzione al lavoro, è stato scritto da Enrico Calamai, primo portavoce del Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani.

“Si sa che nel XX secolo la scienza e la tecnica hanno fatto passi da gigante. Si parla meno degli sviluppi cui questi progressi si accompagnano in campo militare, che culmineranno nel fungo atomico di Hiroshima e Nagasaki.
Al massacro senza precedenti della prima guerra mondiale, si accompagna il genocidio degli armeni. Gulag e Lager, colpi di stato, invasioni e guerre civili, la stessa guerra fredda marcano a ferro e fuoco il “secolo breve”, che nei suoi ultimi anni ci regalerà il genocidio in Ruanda e le atrocità nella ex Jugoslavia, mentre il nuovo millennio verrà inaugurato all’insegna della liceità delle guerre preventive e della tortura di massa. Il brindisi del capo delle forze dell’ONU a Srebrenica con il generale Mladić, al quale sta per abbandonare l’area protetta in cui erano stati incoraggiati ad affluire profughi musulmani da tutte le zone circostanti, è forse l’unica rappresentazione iconografica – sia pure incongrua – che rimane di quello che viene oggi definito un genocidio. Dopo, il tempo si ferma per sempre nello strazio goyesco dell’impensabile, perché va oltre le categorie dell’umano cui la nostra mente è storicamente abituata.
Bene hanno fatto Alessandro Ciccarelli e Danilo Palmisano a cercare di cogliere il dopo delle diecimila esecuzioni che il ritiro delle forze dell’ONU resero possibile nel luglio del 1995, alle porte della civilissima Europa. Lo fanno mostrandolo, questo dopo, paralizzato dall’orrore: le case sventrate di una cittadina diventata fantasma, il parabrezza bucato da una pallottola di una macchina che potrebbe forse ripartire, la raccolta delle ossa da parte degli antropologi forensi, il monumento con i nomi e le date di nascita delle vittime, soprattutto il moltiplicarsi, l’infinitizzarsi del dolore nei visi delle donne che marciano una volta al mese affinché il silenzio del mondo intero
non finisca per cancellare tutto.
Come nell’Argentina dei militari, sono le donne a dar corpo al reale. Lo fanno perché non venga loro strappato perfino il ricordo, ma anche perché non vi può essere un’identità superindividuale, sociale e nazionale, che non comprenda la parte più insostenibile del proprio vissuto. Come monito a tutti noi, cittadini di un rutilante mondo orwelliano, in cui le atrocità fanno
da contrappunto alla marcia trionfale dell’umanità come vorremmo rappresentarcela. Lo fanno in una coralità da tragedia greca, perché, sul palcoscenico della memoria collettiva, ai carnefici che, nella speranza di farla franca, si sforzano di cancellare anche le ultime tracce dei crimini commessi, si contrappone soltanto l’indisponibilità dei sopravvissuti – vittime anch’essi, anche se ancora non del tutto sommersi – a venir deprivati dell’unica certezza che loro rimane: l’identificazione della responsabilità per l’inappellabile sofferenza che non può che impregnare ogni
singolo momento di quanto loro resta da vivere e che conosce come unico lenitivo non la vendetta ma la giustizia, l’arma, vale a dire, della civiltà contro la barbarie. A Srebrenica, ancora una volta la barbarie è emersa come un fiume carsico in piena.
Alessandro Ciccarelli e Danilo Palmisano fanno parte di quella società civile che sente con forza il bisogno di opporsi e trova in una cultura che è solidarietà e creatività insieme, gli strumenti per farlo. Una necessità di rappresentare, la loro, che è essa stessa composto messaggio di speranza. “

(c) Alessandro Ciccarelli & Danilo Palmisano
(c) Alessandro Ciccarelli & Danilo Palmisano
(c) Alessandro Ciccarelli & Danilo Palmisano
(c) Alessandro Ciccarelli & Danilo Palmisano
(c) Alessandro Ciccarelli & Danilo Palmisano
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